domenica 19 giugno 2011

L'indifferenza

La società moderna è connotata indubbiamente da pregevoli qualità, affermazione, questa, che vuol fugare l'idea corrente di considerare sempre e comunque negativamente il nostro vivere comune; il negativo e il positivo sono caratteristiche conviventi e imprescindibili della natura umana, è l'uomo, e solo lui, che deve selezionare ciò che c'è di buono e scartare, o meglio, attirare al bene ciò che è oscuro e deleterio.
Spesso si tende a considerare irrecuperabile ogni male, certo non è un limite che tende ad infinito, determinati  "mali" della società non possono, per la loro gravità sociale, essere attratti nell'ambito della tolleranza e della giustificazione; è anche vero, tuttavia, che la tendenza generale è quella di giudicare a priori solo sulla base di idelogie e considerazioni personali, talvolta spinti dell'emotività provocata dai mass-media che tendono volutamente ad attrarre l'attenzione solo su determinate questioni o aspetti delle vicende narrate.
Qui entra in scena il raziocinio, la capacità di valutare che deve essere quanto possibile distaccata dall'emozione, in quanto lo stato emotivo può provocare gli effetti opposti; tuttavia sarebbe opportuno non giudicare mai, ma soltanto esprimere una propria opinione; il giudizio ha bisogno della disamina di tutti gli aspetti riscontrabili e certi di una determinata vicenda e non può certo essere formulato da chi questi elementi non li ha.
Ma ci sono aspetti della nostra società, che spesso non vengono considerati quali dei mali di per se stessi, perchè fanno parte di spesso del nostro stesso modo di vivere, anzi sono comportamenti inconsapevolmente ritenuti normali.
Uno di questi è l'indifferenza.
Nella più volte conclamata frenesia del mondo moderno, dove prevalgono la logica di mercato e gli interessi economici associati ad una ossessiva spinta consumistica, i valori dell'etica e della morale sono stati sovente messi da parte, questo non vuol dire tuttavia confrontare la società attuale con quella del passato, in quanto in ogni epoca l'uomo si è comportato diversamente a seconda del contesto storico e culturale nel quale viveva prediligendo o negando determinati valori e diritti; nella nostra società, tuttavia, considerato l'alto grado evolutivo, sarebbe opportuno, anche in chiave diversa, che certi valori fossero riaffermati.
L'indifferenza è un qualcosa di odioso ed effimero, che entra nella vita quotidiana anche nei rapporti umani più elementari.
Talvolta l'indifferenza è associata alla paura, al sospetto, alla xenofobia.
Hanno girato tutto il mondo certi video, dove persone percosse e abbandonate chiedevano aiuto ai passanti che si giravano dall'altra parte, ciò non è ammissibile in una società che si ritiene civile.
Ancora: l'indifferenza verso i problemi di persone che hanno avuto vite nefaste, verso gente più sfortunata di noi che è stata costretta a lasciare la propria terra in cerca di fortuna, l'indifferenza verso chi tende la mano e chiede un euro per mangiare, verso chi chiede un aiuto anche spicciolo, spesso si "giudicano" queste persone, per giustificare la nostra assoluta mancanza di senso di solidarietà e carità, si guarda come sono vestite e da dove vengono.
L'indifferenza rende cechi e sordi, con il rischio di chiudersi nel ristretto ambito individuale, restando insensibili ai fatti del mondo esterno.
Per uscire dall'indifferenza sarebbe sufficiente aver contezza di ciò che è enunciato nella dichiarazione universale dei diritti umani: che siamo tutti indistintamente uguali!
La consapevolezza della pari dignità degli individui dovrebbe favorire un reale prevaricamento dell'indifferenza, per cominciare basterebbe essere più attenti a ciò che ci succede intorno ed ascoltare di più chi è in difficoltà, quel concetto di carità e solidarietà che dovrebbe distinguere una società che si considera civile, errato è confondere il concetto di civiltà con quello di progresso, perchè il progresso non rende più civili.

venerdì 17 giugno 2011

La musica è il fuoco dell'anima

"La musica è il fuoco dell'anima" è una citazione di Platone che fonde la musica con la filosofia, vuole dirci che l'arte dei suoni diventa un sentimento che con osmotico impeto entra nel nostro ego modificandoci.
La musica, cosi come la conosciamo, viene percepita spesso come un fenomeno artificiale: gli strumenti sono stati creati dall'uomo, la notazione, la melodia, il ritmo, l'armonia, sembrano derivare esclusivamente dall'uomo nel suo immenso bisogno di esternare la propria spiritualità; la musica invece è sempre esistita in natura è solo stata convogliata, catturata, scoperta dall'uomo, da qui trae origine la derivazione divina della musica che già i Greci volevano fosse diretta espressione di un dio.
La musica è stata la protagonista, fin dalla notte dei tempi, di ogni vicenda umana, da qui la sua connotazione di entità eterna ed insostituibile.
Nel passato la musica ha seguito le regole del linguaggio: di nicchia e raffinata per gli altolocati, diversa quella derivata dalla espressione del popolo; la musica è stato strumento di distizione fra i ricchi e i poveri, il musicista era letteralmente reclutato dalla casta nobile come successe a Beethoven, costretto a comporre i suoi capolavori in funzione dei suoi protettori.
La musica, nel passato, non veniva considerata patrimonio dell'umanità, bensì esclusivo appannaggio di pochi, segno del loro potere e del loro prestigio.
Oggi le cose sono cambiate, anche se, tuttavia, la musica non è certamente più vista come essenza divina ma sicuramente come l'arte più poliedrica e trasversale di tutte le arti; la musica è viva, in essa rivivono i suoi compositori rendendoli immortali.
Nel mondo di oggi la musica è spesso, troppo, considerata solo come un prodotto commerciale da vendere e consumare, a prescindere dai suoi contenuti.
La musica non dovrebbe essere veicolata da interessi commerciali nè, tantomeno, dovrebbe essere influenzata solo dalla cultura anglosassone; la musica è nata già di per sè come un linguaggio universale con peculiari caratteristiche di bellezza che spesso, nella musica commerciale, vengono disattese.
Si riscontra sempre più un progressivo allontamento dei giovani dalla musica classica, un vero dramma, questo è dovuto soprattutto al condizionamento della musica commerciale e ad una esigua formazione musicale generale di base; come altre discipline la musica dovrebbe essere più presente nei programmi scolastici al fine di dare una vera e pregnante educazione musicale capace di far riscoprire ed apprezzare un mondo musicale, quello della musica classica, che rischia sempre più di tornare ad essere un interesse di nicchia.

venerdì 10 giugno 2011

Gli anni '70

Dopo tanti anni forse la gente dimentica: i ricordi si affievoliscono, le nuove generazioni lo studiano solo a scuola. Parlo di un periodo che poteva essere esaltante sotto certi aspetti ma mortificato, infangato, insanguinato, parlo degli anni '70, anni di piombo.
All'epoca quelli della mia generazione erano ragazzini, erano anni bui, la televisione ogni giorno raccontava dei tragici fatti di cronaca del terrorismo, un qualcosa di oscuro, feroce, sovversivo che ingrigiva le nostre giornate, il cui eco rimbombava in modo assillante anche nei nostri cuori di bambini.
Come dimenticare gli attentati a magistrati, poliziotti, istituzioni, le stragi e le rivendicazioni che puntualmente apparivano dopo ogni singolo atto terroristico?
Le vittime del terrorismo cadevano nell'adempimento del dovere per uno Stato colpito al cuore, uno Stato che forze oscure volevano sovvertire con frange armate, organizzate, la strategia della tensione attuata da un nemico invisibile e in casa nostra, che coltivava le sue reclute nelle università guidata da ideologie antidemocratiche e sovversive.
Erano tempi molto duri per tutti, dei quali ricordiamo immagini in bianco e nero, dove non poteva essere più garantito al cittadino il suo diritto alla sicurezza e alla incolumità personale; tutto si vorrebbe dimenticare, archiviare per sempre, ma come dimenticare le vittime e come dimenticare quei magistrati e quelle forze dell'ordine che in quegli anni combatterono tenacemente, duramente e al caro prezzo della propria vita?
Non dimentichiamo, cerchiamo di mantenere vivi i ricordi e onorare la memoria di tutti i caduti e che non si dimentichino le loro famiglie che ancora oggi rivendicano giustizia.
La nostra attuale società distratta troppo spesso dal suo frenetico e compulsivo stile di vita, non è più in grado di fermarsi a riflettere e di dare uno sguardo al passato, nella proiezione cosmica e assoluta verso un futuro dove però è necessaria una riaffermazione dell'uomo e dei suoi valori, dove è necessario uscire dal relativismo dei nostri tempi.
Riflettere e comparare ieri e oggi per dare un giudizio più obiettivo sulla qualità della nostra società, dovrebbe far assurgere alla conclusione che la società di oggi, e mi riferisco questa volta a quella italiana, sia migliorata rispetto a quella di quarant'anni fa, tuttavia si deve fare ancora tanto e solo con il contributo di tutti si può sperare in un futuro non conosca più, per sempre, periodi come quello degli anni di piombo.
Ora che la società è proiettata nel terzo millennio, forse non si vuole pensare troppo al passato, specialmente alle cose tristi, resta però il fatto che tanti fatti tragici di quel periodo sono rimasti impuniti e i familiari delle vittime non hanno ottenuto la dovuta giustizia, misteri che rimarranno tali o un giorno si saprà tutta la verità?

domenica 5 giugno 2011

Bisogna crescere

In un'Italia attraversata da crisi politiche ed economiche, dove è stato necessario ricorrere ai 150 di unità per ricordare per l'ennesima volta agli italiani che siamo una nazione, spesso ci poniamo interrogativi inquietanti, spesso non capiamo dove finisce l'ironia, la satira e comincia la realtà; l'Italia è un paese forse, comunque, non più diverso di altri, ma la voce prorompente dei mass media attira, secondo i momenti, a questo o a quel problema.
Taluni continuano ad affermare che siamo un popolo diviso, il campanilismo provinciale e radicato, l'affermazione di se stessi, il desiderio irrefrenabile di vantarsi degli orgogli regionali sono realtà, ritengo, molto inquietanti, fastidiose, contrarie al principio di uguaglianza sancito dalla nostra costituzione.
Si fa fatica a guardarsi dentro, si tende a giudicare, commentare, si esaltano solo propri i pregi e mai i difetti a meno che questi non siano degli altri, si pensa di essere al centro del mondo, vi è assoluta mancanza di modestia, vi è chiusura.
I vari problemi  vengono posti all'attenzione secondo le convenienze del momento, suscitando la suggestione delle masse chiuse nella loro provincia, invadendo le menti, le motivazioni sono spesso e solo politiche: è una strumentalizzazione al servizio del potere.
Non siamo, per certi versi, differenti dagli italiani di tanti anni fa, siamo solo più circondati da tecnologia, nulla più, di converso c'è un costante impoverimento del livello culturale generale, seppur ora il grado di istruzione sia più elevato rispetto al passato, ma, terminata la scuola, tutto irrimediabilmente finisce: si legge poco, si ascolta spesso solo musica commerciale, il turismo è soltanto spesso solo gastronomico; capisco certamente il disagio in chi non si identifica in questo quadro spero, comunque, che siano tanti.
Per far si che veramente cresca, il nostro paese ha bisogno di un necessario e generale innalzamento del suo livello culturale, che favorisca l'apertura e faccia rinascere il senso critico; è necessario ascoltare più voci e non solo limitarsi a taluni mass media, bisogna aprire le menti e ragionare in autonomia senza seguire cecamente le correnti; nell'era di internet, sarebbe opportuno sfruttarlo sempre più per questi scopi, la rete permette di scegliere ciò che si vuole, l'utente nel web può partecipare e condividere opinioni.
Sfruttare la rete per crescere, far farla diventare un formidabile veicolo di cultura anzi, farla ritornare a questo, visto che l'iniziale rete internet era nata per far comunicare i ricercatori fra loro.

sabato 4 giugno 2011

Formare i giovani per costruire il futuro

Argomenti correnti come la criminalità minorile, la crisi dei valori, la droga, inducono tutti a riflettere sullo stato di salute delle nuove generazioni.
Forse in modo diverso, con problemi diversi sono le stesse cose che sentivamo noi quando eravamo "i giovani", la generazione antecedente giudica e confronta la generazione successiva, è un fatto normale, l'intento, lodevole peraltro, è quello di far comprendere a colui che è dopo ciò che bene e ciò che male, di plasmargli la coscienza per consentirgli di inserirsi responsabilmente nella società. Nella formazione di un individuo agiscono però diversi fattori in concorrenza fra loro, in grado di agire sui punti vulnerabili della psiche e sulle sue predisposizioni mentali. 
Esistono però fattori che devono assolutamente essere presi in considerazione e ciò nasce quando ci si chiede il perchè di determinati comportamenti e determinate tendenze che portano ad una sostanziale decadenza della qualità del tessuto sociale, è necessario capire cosa c'è alla base di un problema.
E' troppo semplicistico pretendere di risolvere determinati problemi con pregiudizi generici e conclusioni affrettate, ciò addirittura rischia di agevolare il proliferarsi dei fenomeni negativi.
Tra i fattori determinanti nella formazione di un individuo dal punto di vista etico e morale in primis c'è sicuramente quello familiare, poi viene la scuola, agenzia educativa che nei suoi vari gradi contribuisce alla maturazione dell'individuo, fornendogli elementi essenziali per il suo inserimento nella società.
Quali sono i problemi di oggi che troviamo nel percorso educativo? Molteplici e diversi rispetto a quelli del passato.
Un crogiuolo di stimoli investono la psiche del giovane, una tempesta di sollecitazioni esterne che provengono da una società frenetica, variegata e consumistica che forniscono, talvolta, una visione non reale della vita; il compito della famiglia è proprio questo: filtrare per quanto possibile i richiami esterni che investono il bambino, il processo inverso di ciò che invece succedeva nella società del passato quando tutta l'educazione proveniva dalla famiglia a causa dell'assenza di mezzi di comunicazione e della sua condizione sociale.
Tuttavia oggi che siamo nell'era della comunicazione, spesso manca invece la comunicazione stessa fra genitori e figli in entrambi le direzioni, in età infantile sono i genitori che spesso non parlano ai figli, in età adolescenziale sono invece i figli che non parlano ai genitori; non parlare significa non trasmettere, è la cosa più deleteria dei rapporti umani in generale, perchè non si risolvono i problemi, cresce il disinteresse, si elevano muri di silenzio difficili da demolire, non parlare divide le coppie, crea nemici, aumenta la diffidenza.
Bisogna cercare di parlare con i figli, sussurrare la parole ai bambini, ascoltarli sin da piccoli, instaurare con loro un rapporto di fiducia saldo e duraturo, intraprendendo assieme un percorso educativo volto a proteggerli da una società tentacolare che ha perso la sua attenzione sulla centralità dell'uomo, che ha spostato l'attenzione su altri valori  assolutamente privi di contenuti che condizionano, inevitabilmente, la nostra vita, bisogna cogliere solo cosa c'è di positivo nella società, tralasciare i modelli ingannevoli e falsi spesso presentati con attraenti spots dai mass media.
L'arduo compito è, in sostanza, contribuire fattivamente, attraverso la formazione dei giovani, a costruire un futuro per loro, che, guardando al passato, sia per l'uomo e non contro l'uomo, che impedisca la sua autodistruzione, che elevi la qualità intellettuale di una società sempre più inquinata dal consumismo, dal materialismo e dal relativismo.