domenica 29 settembre 2013

Crisi di Governo

In un articolo precedente avevo giudicato la politica italiana più matura; avevo interpretato, con le dovute riserve, che il fatto di aver avuto governi che riuscissero a tenere una legislatura fosse indice, appunto, di maturità politica, non avevo considerato, comunque, il clima acido che si anteponeva fra le varie parti politiche e i risultati che i governi avevano ottenuto.
Mi ero completamente sbagliato anche se, tuttavia, non avevo dato per definitivo il convincimento che la politica italiana fosse diventata un vero dispositivo democratico che potesse dialogare con i cittadini e gli interlocutori stranieri.
Tutto quello che è accaduto finora, fino al grave episodio politico di ieri 28 settembre 2013, dove i ministri del PDL hanno rassegnato le dimissioni, è un indice, grave, di immaturità politica se non, addirittura, la dimostrazione dell'incapacità di autodeterminazione di uno Stato democratico, dove la politica non guarda al Paese ma solo a sè stessa e a proteggere i suoi interessi.
Una crisi di governo di fatto, che non viene aperta mediante i passaggi istituzionali, provocata con pretesti di insufficiente consistenza politica che, a monte, nascondono, nella sostanza, motivazioni ormai datate che hanno caratterizzato tutto il periodo della seconda repubblica.
I passaggi  che rendono incoerente, per non dire assurde, le motivazioni atte a voler incrinare un governo già, peraltro, connotato dall'anomalia di voler voluto unire due forze politiche contrapposte sono le seguenti:
nel novembre 2011, causa la grave crisi economica italiana venne dato mandato a un governo tecnico che aveva il compito, a scadenza, di emanare provvedimenti correttivi al fine di salvare l'Italia da un incombente rischio default o, per lo meno, questa era le motivazione presentata ai cittadini italiani.
Il governo di Mario Monti venne appoggiato dalle due forze politiche contrapposte, che attualmente governano assieme, per senso di unità nazionale  voluta, con tenacia, dal Presidente della Repubblica.
La tecnocrazia, appoggiata dalla Commissione Europea se non altro per indurre l'Italia a rientrare sotto il fatidico 3% nel rapporto tra DEFICIT/PIL, si mise in moto velocemente emanando, in poco tempo, provvedimenti di notevole durezza, mirati esclusivamente a rimpinguare le aride casse statali e correggere i disastrosi conti pubblici.
Un' agenda, quella del governo tecnico, che pur correggendo, comunque relativamente, i conti dello Stato, ha depresso lo stato sociale e le condizioni economiche di imprese e cittadini condizioni, peraltro, che erano già gravi e difficili.
Provvedimenti come quello delle pensioni hanno generato a loro volta gravi problemi sociali quali la maggiore difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro dei giovani, causa inevitabile allungamento del turn-over fra vecchie e nuove generazioni e il gravissimo problema degli esodati.
La reintroduzione dalla vecchia ICI, diventata IMU, per la prima casa e gli aumenti di accise e tariffe dei consumi energetici ed altro ancora hanno vessato, in modo insidioso, i cittadini trasversalmente, senza tenere conto della distribuzione del reddito.
La lotta all'evasione fiscale si è connotata solo di spot quali l'operazione di Cortina o provvedimenti quali la limitazione dell'uso del contante; in generale provvedimenti fini a sé stessi e facilmente eludibili come, appunto la limitazione dell'uso del contante; di fatto quindi azioni di dubbia efficacia, l'evasione fiscale non è stata affatto aggredita e i dati dell'Istat per l'anno 2012 e di questa parte di 2013 parlano chiaro.
Tra i provvedimenti di carattere non economico, sicuramente il più noto, se non altro per l'alto impatto mediatico che ha avuto, è stata la legge Severino, che avrebbe dovuto dare un segnale forte nei riguardi dei politici definitivamente condannati, una risposta a quella richiesta di moralità della politica fortemente voluta dai cittadini.
A fattor comune, sottolineo e risottolineo che il governo precedente era appoggiato dalle maggiori forze politiche di centro destra e centro sinistra, le stesse che in pratica compongono l'attuale governo di unità nazionale; in virtù di questo, provvedimenti di importanza strategica e sociale quali il decreto "salva italia", "cresci italia", la legge Severino, l'istituzione dell'IMU, dell'innalzamento dell'aliquota i.v.a., la riforma delle pensioni vennero votati dalle maggiori forze politiche con spirito bipartisan nel comune senso di responsabilità nei confronti del Paese.
Tutta l'attività del governo tecnico fu così improntata sul rigore dettato peraltro dai burocrati di Bruxelles, con provvedimenti che, nonostante avessero l'effetto desiderato riguardo ai vincoli del patto di stabilità, furono deleteri per la crescita e il rilancio dell'economia nazionale, già gravemente colpita dalla crisi economica.
Ma il governo tecnico ebbe anche lo scopo di non rendere protagoniste in prima persone le forze politiche, fu così che queste ne trassero l'occasione per fare una concitata propaganda elettorale i cui contenuti, di fumoso significato politico, prendevano spunto dalle decisioni impopolari, o ritenute tali, dei tecnocrati.
La successiva crisi del governo tecnico non fece che accelerare l'intenzione politica di portare velocemente ed indiscriminatamente il paese verso le elezioni anticipate che sarebbero state regolate, peraltro, con le discutibili norme del Porcellum, le cui modifiche sono state sempre promesse ma mai apportare, fino ad oggi.
All'indomani del voto, l'Italia più che mai si è trovata in una situazione di incertezza: con una sostanziale parità del centro-destra e centro-sinistra e l'emergere di una forza politica nuova che non era ancora entrata in parlamento.
La vittoria non vinta del centro sinistra, non ha fatto altro che far rimontare il centro destra; la mancanza di una maggioranza al Senato per effetto del Porcellum ha messo in serie difficoltà il contesto istituzionale a partire dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica: un vero pasticcio, destabilizzante e pericoloso.
Dopo svariate e anomale vicende, a partire della rielezione per "senso di responsabilità verso il Paese" del Presidente della Repubblica in carica, è stato nominato l'attuale Governo che con difficoltà ha cercato di gestire e affrontare le serie problematiche del Paese quali il problema degli esodati, della disoccupazione, del rifinanziamento della CIG e, da ultimo, l'abolizione dell'IMU per la prima casa e lo slittamento dell'aumento dell'i.v.a..
Nel frattempo è piombata la sentenza definitiva di condanna del Leader del Centro Destra...
Ho voluto fare la crono-storia della situazione che evolutasi dal 2011 ad oggi, sicuramente nota, sicuramente non approfondita, ma certamente così è stata presentata all'opinione pubblica.
I passaggi, se andiamo ad analizzare questo tragitto politico porta inevitabilmente al paradosso, infatti tutti i provvedimenti del governo Monti sono stati votati da entrambe le forze politiche di centro destra e centro sinistra e questi, in particolar modo alcuni, sono stati messi in discussione dal centro destra.
Una contrapposizione talmente aggressiva che ha portato alla situazione di crisi di governo alla quale ora stiamo assistendo.
Cosa possiamo pensare noi cittadini di tutta questa vicenda? Solo indignarci come, del resto, altre volte.
Il popolo italiano è sconcertato per la paura che un tale evento destabilizzante genera.
Il rischio di ingovernabilità è altissimo e l'Italia non vede luce nel suo stato sociale, la crisi rimane, stagnante.
E se addivenissimo a elezioni anticipate con quale spirito andremmo a votare e per quale risultato?
Infine una domanda che non ha risposta: ma le regole sul conflitto di interessi che fine hanno fatto? la legge non è uguale per tutti?
La nave sta lentamente affondando e chi doveva dirigerla la sta lasciando: analogia con il naufragio della Costa Concordia...in questo momento calza a pennello: una grave mancanza di responsabilità verso il popolo italiano che sta perdendo la propria autostima e la speranza nel futuro.





sabato 21 settembre 2013

Decadentismo culturale

Sono rimasto sbalordito quando, per caso, ho scoperto che la neo senatrice a vita Elena Cattaneo, ricercatrice e scienziata  di fama internazionale al servizio di una università italiana, viene retribuita con uno stipendio di 3.300 Euro al mese: questa è la dimostrazione, inequivocabile, di quanto investa lo Stato Italiano per la ricerca scientifica e, in generale, per la cultura e tutto ciò che è attinente ad essa.
E' stato calcolato che in Italia, per l'istruzione a tutti i livelli, la cultura e la ricerca, viene investito appena l'1% del PIL, tale stima ci porta a fanalino di coda rispetto ai partners europei: un triste primato per un paese che è stato, sin dalla notte dei tempi, culla della cultura, con le città e i paesi ricchi di beni culturali, una letteratura senza pari al mondo e che dire della poi musica!
Tristezza, soltanto tristezza è il sentimento che percepiamo, considerate invece le consistenze in termini di investimenti in altri settori di minore portata e valenza.
Un paese che non investe nella cultura è destinato inesorabilmente a diventare povero, non solo economicamente.
Se visitiamo una scuola pubblica ci imbattiamo in docenti esasperati che devono sfruttare i pochi strumenti messi loro a disposizione per insegnare, percependo uno stipendio mensile che non può ritenersi degno di una nazione europea occidentale.
Il 70% degli edifici scolastici non sono a norma in termini di sicurezza e i tagli nel settore sono stati lineari e profondi, mancanza di fondi: questa è stata la parola d'ordine.
La scuola forma gli italiani del futuro, dovrebbe essere l'eccellenza del settore pubblico, il fiore all'occhiello.
E che dire dell'istruzione superiore e universitaria?
Anche qui carenze di fondi e professori mal pagati, ricercatori insufficientemente retribuiti, risultato? Fuga incessante di cervelli, le migliori menti nate e cresciute nella nostra bella Italia emigrano laddove possono trovare un impiego degno, gratificante e ben remunerato.
Certo: alcuni come la Prof.ssa Cattaneo è rimasta nel suo paese, ma a quali condizioni e con quali sacrifici?
Per non parlare dei ricercatori associati ai dipartimenti: contratti di collaborazione a termine con retribuzioni inique, senza diritti sindacali e senza la possibilità di formare una carriera contributiva: dei veri schiavi moderni con menti brillanti che grazie al loro impegno (spesso nell'ombra) contribuiscono allo sviluppo della ricerca nei più svariati settori che portano a risultati scientifici di livello mondiale a vantaggio dell'umanità intera.
Questo è un periodo di vero decandentismo, in un mondo che gira grazie alla scienza, il nostro paese arretra, inesorabilmente.
Bisogna investire nella cultura e nella ricerca almeno al pari di altri partners europei, fronteggiare la fuga dei cervelli, riattrarli nel nostro paese per creare sviluppo, riformare scuole e università, gratificare docenti e ricercatori, insomma, portarsi a una "normalità" al passo con questi tempi, dove il lavoro intellettuale ha ormai preso il sopravvento su quello manuale.
Investire nella cultura e nella ricerca porterà lavoro e potrà essere un vero volano se associato a politiche economiche adeguate.
E' inutile vantarsi di avere treni ad alta velocità e nel contempo assistere ad un inesorabile decadentismo culturale: è un paradosso. La cultura è un bene prezioso, è il vero bene italiano e non dobbiamo, non possiamo farcelo sfuggire.


 

venerdì 20 settembre 2013

Manca un futuro di speranza

Mentre assistiamo attoniti al carosello mediatico del teatrino della politica italiana, ormai stanchi del susseguirsi di eventi e situazioni guardati all'estero con senso di distacco, noi cittadini italiani continuiamo a guardare dalla finestra semmai possiamo scorgere, in lontananza, un futuro di speranza.
Non lo vediamo. Forse non l'abbiamo mai visto. Forse l'avevamo visto, tanto tempo fa.
Siamo i nipoti della guerra, dopo di essa l'Italia si rimboccò le maniche e si ricostruì, tempi ormai remoti.
Oggi la situazione è cambiata, dopo quella ricostruzione e tutti gli avvenimenti che contribuirono a fare dell'Italia una delle prime potenze economiche del mondo, siamo ormai da anni in una situazione di stallo sia politica, sia economica.
Padrona di questa situazione dalla quale non si riesce a uscire è la perenne instabilità politica e l'incapacità di gestire quell'economia finanziaria che, pesantemente, soffoca l'economia reale, il vero volano di una società.
Legati a logiche europee tecnocratiche, l'Italia si trova ingabbiata con le stesse sue mani: impegni presi e da onorare con, di contro, una disastrosa situazione finanziaria legata la debito pubblico.
La necessaria rigidità e autorevolezza di un governo attualmente manca e ora, come non mai, sarebbe più che indispensabile.
L'Italia non riesce a guardare al futuro, incancrenita dai suoi mali più insidiosi e, agli occhi dei partners occidentali, continua a mostrarsi quale nazione sempre più povera e ingovernabile.
Si ricomincia a parlare di emigrazione e non solo al Sud, tristissimo, aumenta la disoccupazione.
Non si riescono ad attrarre investimenti dall'estero e la recessione dell'industria continua in modo inarrestabile.
In un quadro cosi drammatico, che connota una tipica situazione di stallo, i cittadini continuano a pagarne le conseguenze e non solo in termini economici.
Basta fare dei giri per le fabbriche, quelle piccole e medie, dove esiste ancora una figura fisica di imprenditore spesso legata alla famiglia, guardando negli occhi queste persone si coglie subito un grande stato di disagio.
Clienti che non pagano, specie gli enti pubblici! commesse diminuite, banche che non fanno credito, operai spesso lasciati a casa in cassa integrazione per mancanza di ordini, l'incidenza fiscale sempre più pesante: un quadro a dir poco desolante. Le fabbriche che falliscono fanno morire il lavoro e tutto l'indotto che gira attorno a esse, in un effetto domino devastante, manca la liquidità, manca il denaro, ma questo dov'è? 
Nelle banche, i veri protagonisti dell'economia attuale legate all'economia finanziaria speculativa, lontane ormai da quella missione di credito che originariamente avevano.
Un sistema bancario gestito ad hoc per realizzare facili profitti basati sulla speculazione finanziaria e non al servizio dei cittadini e delle imprese quindi dell'economia reale basata sulle persone e sul loro lavoro; banche che per accedere al credito, semmai venga concesso, pretendono garanzie onerose sui beni delle imprese, in pratica se il debito non viene onorato la banca si prende l'impresa.
Con questo sistema fallace difficilmente l'economia italiana potrà ripartire, specialmente se continueremo ad attuare politiche troppo agganciate alle commissioni europee e alle logiche di bilancio,  lontane dai cittadini che non intravedono nessun futuro di speranza.