Un jour en hiver
l'homme passe pour une rue de verglas
Il fait froid, très froid
le temps c'est passè
le pensèe de l'homme tombent sur la neige
qu'est-ce-que vous faites? Dit une madame qui passait just à coute
je suis pouvre madame, dit l'homme
la vie ne m'a pas donnè rien!
maintenant c'est Noel
les enfant e tout le monde attend les cadeaux
... et pour moi? Que-est-ce qu'il ya?
Noel n'est pas pour moi
je n'ai pas un sou
pour le pauvres Noel est toujours le meme jour!
si le monde à Noel ne pense pas aux pauvres, qu'est-ce-que ce Noel?
La neige tombe sur l'homme, il fait froid, pour lui-meme n'est pas Noel.
mercoledì 19 dicembre 2012
21.12.2012
Siamo ormai al count-down, i Maya dopodomani hanno fatto finire il calendario, sul web in questi giorni stanno impazzando le tesi più assurde, le fantasie più variopinte.
Il termine "fine del mondo" lo si associa al meccanico terminare di tutto ciò che esiste, umanità compresa, uno scenario apocalittico associato al giudizio universale quando Dio, nel senso più assoluto del termine, chiede all'uomo di redimersi dai peccati e viene giudicato definitivamente su cosa è stato.
La storia dell'uomo è costellata di eventi, di segni incisi nel tempo.
L'uomo ha voluto cadenzare il suo tempo per memorizzare la storia e dare un senso al suo io.
La data del 21.12.2012 non è del tutto priva di senso, tralasciando i catastrofismi ingiustificati, a mio avviso, è comunque ormai tanto tempo che l'umanità si chiede dove stia andando e forse è giunto il momento, magari coincidente con questa data, ma comunque coincidente con questa epoca, di interrogarsi profondamente e meditare su ciò che siamo e come saremo.
E' un momento di forte crisi esistenziale e di smarrimento questa epoca, l'umanità vive nella paura, manca la sicurezza, si stanno incrinando ciò che dovevano essere assiomi assoluti, principi incrollabili.
L'instabilità sta minando l'uomo dalle fondamenta, per questo, se volete, scegliamo pure una data, il 21 dicembre prossimo, da dedicare alla riflessione e trovare la soluzione per dare una svolta in senso positivo a questo nostro mondo.
Nel secolo scorso ci sono stati cambiamenti radicali, milioni di persone sono morte per consegnare a noi posteri un mondo migliore, si è affermata la libertà, è stata sottoscritta la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di ogni uomo e donna; è stato tutto straordinario dopo secoli in cui l'uomo era suddito, spoglio della sua dignità.
Questa dignità, oggi, la stiamo perdendo, altre forze, altri poteri, stanno prevaricando l'uomo facendogli perdere quella centralità fondamentale per la sua stessa esistenza, ma l'uomo non può perdere!
Per questo, ora più che mai, in quest'epoca traviata da crisi e oscurata dall'insicurezza, l'uomo deve interrogarsi affinchè non arrivi una nuova "restaurazione" ossia la recessione, la regressione.
Preservare la pace, portarla dove ancora non c'è, preservare la democrazia, il lavoro, mettere al bando scellerate ideologie imperialiste, gli egoismi, le violenze, contrastare i predomini economici, tornare alla solidarietà sociale partendo dagli ultimi, dare voce a tutti; tutto ciò contribuirà a far risorgere la nostra civiltà e a dare quella spallata per riaffermare la dignità umana.
L'instabilità sta minando l'uomo dalle fondamenta, per questo, se volete, scegliamo pure una data, il 21 dicembre prossimo, da dedicare alla riflessione e trovare la soluzione per dare una svolta in senso positivo a questo nostro mondo.
Nel secolo scorso ci sono stati cambiamenti radicali, milioni di persone sono morte per consegnare a noi posteri un mondo migliore, si è affermata la libertà, è stata sottoscritta la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di ogni uomo e donna; è stato tutto straordinario dopo secoli in cui l'uomo era suddito, spoglio della sua dignità.
Questa dignità, oggi, la stiamo perdendo, altre forze, altri poteri, stanno prevaricando l'uomo facendogli perdere quella centralità fondamentale per la sua stessa esistenza, ma l'uomo non può perdere!
Per questo, ora più che mai, in quest'epoca traviata da crisi e oscurata dall'insicurezza, l'uomo deve interrogarsi affinchè non arrivi una nuova "restaurazione" ossia la recessione, la regressione.
Preservare la pace, portarla dove ancora non c'è, preservare la democrazia, il lavoro, mettere al bando scellerate ideologie imperialiste, gli egoismi, le violenze, contrastare i predomini economici, tornare alla solidarietà sociale partendo dagli ultimi, dare voce a tutti; tutto ciò contribuirà a far risorgere la nostra civiltà e a dare quella spallata per riaffermare la dignità umana.
lunedì 3 dicembre 2012
Costi o risorse?
E' da tanto tempo, in Italia e non solo, che si sente parlare nelle più fantasiose sfumature di tagli ai costi.
Io vorrei innanzitutto chiarire cos'è un costo.
Chi ha studiato economia sa bene che un costo può essere un verosimile danno per chi fa impresa come può essere un impegno di investimento, un costo dannoso è quello che incide negativamente nell'andamento dell'impresa che la impoverisce che ne crea nocumento.
Il costo buono, invece, genera profitto e quindi è un investimento che produce nel breve, medio o lungo termine ricchezza: è un bene.
Da queste argomentazioni, che di per sè possono sembrare un po' difficili da comprendere specialmente per chi non ha rudimenti di ragioneria o logica aziendale, si può partire agevolmente, effettuando i dovuti rapporti, per arrivare a quello che succede nell'amministrazione di uno stato.
Se ne sente parlare tutti i giorni, in questo ultimo anno il dibattito si è accresciuto, spesso non si capisce il perchè di certi discorsi, ma, comunque il cittadino medio ha afferrato bene certi concetti fornendo approcci critici che non possono essere ignorati da chi ha incarichi di governo ai vari livelli.
Tagliare, ossia, diminuire i costi è di per sè semplice, la logica dei tagli o dell'eliminazione delle spese rientra in un'ottica di risparmio di per sè giusta: il buon padre di famiglia eliminando le spese futili in tempi di ristrettezze tutela il bilancio familiare evitando l'indebitamento e il fallimento.
Ma la diligenza del buon padre di famiglia, un principio cardine nell'ordinamento giuridico, dev'essere saggiamente dosata in ogni questione economica.
Tornando all'azienda, alla quale sempre più si ispira l'amministratore pubblico per salvaguardare le finanze, si rileva che l'impresa tutela i suoi interessi evitando gli sprechi e migliorando i propri investimenti, un investimento sbagliato danneggia l'impresa mettendo in serio pericolo il risultato economico voluto.
In campo pubblico le cose sono ben diverse: nella logica di bilancio, non essendovi lo scopo del lucro, ovviamente, ed essendovi fattori influenzanti di svariata natura a partire dalla tipologia di politiche perseguite, ecco che viene messo da parte troppo spesso il concetto della buona amministrazione, entrando in gioco logiche svianti derivate da politiche fallimentari attuate contro l'interesse dei cittadini.
In uno stato in difficoltà economiche come l'Italia si continua a perseverare una politica dei tagli dei costi pubblici: giusto, ma verso quali?
Qui mi rifaccio ai concetti iniziali: costi o risorse?
Sanità, istruzione e sicurezza sono tre comparti che hanno subito tagli vertiginosi, sono costi dannosi quelli da sostenere per dare un servizio sanitario ai cittadini, istruirli e renderli sicuri? Non penso proprio che lo sia, eppure nell'ottica dell'economia di bilancio lo sono diventati; è stata tolta la dignità a chi opera in quei settori, gli sono stati ridotti gli strumenti, tutto accrescendo lo stato di disagio sociale a scapito delle fasce più deboli; è triste per un poliziotto, un medico e un insegnante sentirsi qualificato come un costo da ridurre il più possibile: loro sono un investimento per il paese! I costi per la ricerca sono investimento, i costi per la giustizia sono un investimento! E' stata persa l'individualità umana, i cittadini sono diventati una posta di bilancio!
Risultati di queste operazioni devastanti? Il disastro: non si possono chiudere caserme dei carabinieri, uffici, tribunali, scuole, ospedali per una logica di riduzione di costi, tutto da la percezione dell'assenza dello Stato che serve i propri cittadini in funzione del pubblico interesse, il tutto quando altri costi non vengono nemmeno presi in considerazione: superpensioni, superstipendi, spese militari, sanzioni dell'UE per mancati adempimenti legislativi, penali per grandi opere bloccate, eccetera, eccetera, eccetera.
E' un costo anche il pensionato che ha lavorato una vita con sacrificio, pazzesco; concludo che tutti i cittadini sono un costo ormai, ma lo stato non era formato da un popolo che con sovranità doveva amministrarsi per esistere?
Chiudiamo allora lo Stato perchè è un costo.
Spero che questa logica economica deleteria per tutti finisca, fino a quando le risorse non verranno valorizzate come fa il buon imprenditore e gli sprechi, quelli veri, saranno eliminati, l'Italia, quella di chi lavora e produce, quella di con sacrificio serve lo Stato, non crescerà mai più e sempre più verrà a mancare quello stato sociale indispensabile per tutelare le categorie più deboli.
lunedì 19 novembre 2012
Le temps perdu.
Marcher sur les cendres du passé pour regarder vers l'avenir ou démolir le passé pour construire l'avenir?
C'est un dilemme qui détruit, en particulier dans les jeunes générations, qu'ils ne sont pas disposés à considérer le passé.
Souvent, un certaine passé ne peut pas être répétée ou mise à jour, analyser le passé pour en tirer une essence bon pour la société est quelque chose qui est très difficile: tout porte à croire que le temps derrière nous est seulement perdu et l'expérience du passé vain.
Qu'est-ce que c'est le passé désormais?
Beaucoup monde l'identifie avec le temps perdu, l'oubli, la fin: l'archaïque ne correspond pas à le monde actuel, tout doit être moderne, et quelques-uns pense plutôt le contraire: le passé est vivant en nous, faire notre l'action provenant de nos ancêtres, notre pensée est l'évolution de la pensée de nos ancêtres, il ya du bon dans tout, il suffit de trouver, de l'isoler et de le promouvoir.
Le passage du temps est énorme, il est facile d'oublier à quel point de ne pas penser à lendemain mais l'homme oublie ce que lui n'aime pas et ce que lui ne veux plus, et comme dans notre monde personnel, la société moderne doit également prendre le bon du passé sans que ça soit le seule façon de donner un sens au monde d'aujourd'hui, ce serait terrible, cela signifierait l'absence totale d'idées, la sécheresse de l'initiative: un monde voué à la mort.
Il faut faire vivre le présent le nourrir tout le temps, que maintenant fournir un terrain fertile pour agir comme une force motrice pour obtenir une société entreprenante, étonnant, libre.
Le passé n'est pas du temps perdu, tout ce qui a été à créé l'homme d'aujourd'hui, sa sagesse doit faire-lui comprendre que ne doit pas se- répéter l'histoire mauvaise qui à toujours condamné l'humanité.
Il tempo perduto
Rievocare le ceneri del passato per guardare al futuro oppure demolire il passato per costruire il futuro?
E' un dilemma che strugge, soprattutto è presente nelle giovani generazioni che poco propense sono a considerare il passato.
Spesso un certo passato è solo da dimenticare perchè non può essere riproposto o riattualizzato, analizzare il passato per trarre da esso un'essenza positiva per la società attuale è impresa assai ardua: tutto fa pensare che il tempo dietro di noi sia solo perduto e che sia vana l'esperienza pregressa.
Ma cosa significa il passato?
Tanti lo identificano con il tempo perduto, l'oblìo, il finito: l'arcaico non si adatta all'attuale, tutto dev'essere moderno; alcuni invece la pensano all'opposto: il passato è vivo in noi, l'agire nostro deriva dall'agire dei nostri avi, il pensiero nostro è l'evoluzione del pensiero dei nostri avi, in tutto c'è del buono, basta trovarlo, isolarlo e valorizzarlo.
Lo scorrere del tempo è irrefrenabile, dimenticare è facile tanto quanto sia non pensare al domani, ma si dimentica ciò che non piace e ciò che non si vuole più, e come nella nostra sfera personale, anche la società dovrebbe sforzarzi a tranne il buono dal passato senza che questo sia, però, l'unico modo per dare un senso al mondo attuale, ciò sarebbe grave, vorrebbe dire assenza assoluta di idee, aridità di iniziativa: un mondo destinato a morire.
Bisogna rendere vivo il presente, alimentarlo continuamente, fornirlo di quel terreno fertile che funga da volano al fine di avere una società intraprendente, sorprendente, libera.
Il passato non è tempo perduto, tutto ciò che è stato ha formato l'uomo di oggi, dovrà essere la sua saggezza a fargli comprendere cosa non deve ripetersi dalla storia per evitare quei famosi corsi e ricorsi storici che hanno dannato sempre l'umanità.
mercoledì 7 novembre 2012
Obama Presidente
Obama ha vinto, Obama è Presidente degli Stati Uniti per la seconda volta, una notte, quella americana, che ha conferito all'America l'immagine di una rinnovata democrazia, dove il popolo ha deciso di dare un volto al suo lieder, nella tenace volontà di rendere merito ad un uomo che ha creduto negli americani e verso i quali ha riposto stima assoluta.
Il forte senso di nazione che è in ogni americano, si rinnova più intensamente in occasione della elezione del proprio presidente che sta perdendo quell'immagine retorica di uomo potente sul mondo in favore di quella di uomo potente nel mondo.
Ma parliamo ora di una potenza più intensa, che guarda di più gli interessi di quei milioni di americani che non appartengono ai ceti influenti delle multinazionali e della finanza, secondo Obama la forza di uno stato non deve misurarsi con la sua potenza militare e di predominio, ma con la capacità di elevare le condizioni di vita dei suoi cittadini con l'obiettivo di sconfiggere la povertà e la disuguaglianza, lo sviluppo e il benessere di una nazione trae forza dalla capacità di proteggere e sostenere i ceti più deboli e di attuare politiche sociali basate sui principi di equità e giustizia, uno stato che promuova il senso civico e punisca chi è pervaso da istinti trasgressivi che danneggiano il civile consesso.
In una realtà multietnica come gli Stati Uniti dove esistono svariate minoranze, Obama vorrebbe arrivare a sedare definitivamente gli squilibri sociali dovuti alla razza, al sesso e alla religione, un piano ambizioso che ne ha fatto una peculiarità della sua amministrazione.
L'America deve cambiare - ha detto - nei bassi fondi di New York esistono risorse inimmaginabili, uomini e donne che potrebbero dare, se posti in grado, un grande contributo allo sviluppo della società, l'America deve dimostrare al mondo di essere una vera democrazia occidentale dove i sentimenti di libertà ed eguaglianza trionfino sulle diseguaglianze a partire dalla discriminazione razziale che prepotentemente si impose nella società americana del passato.
In questa epoca di crisi economica e di squilibri sociali, più che mai in America e nel mondo intero vi è la necessità che i grandi della terra cooperino e investano nella pace e nello sviluppo.
E' ormai storia del passato l'equilibrio mondiale basato sugli armamenti che rischiò di portare il mondo in un conflitto totale nucleare, le potenze mondiali devono improntare il loro operato sui principi di libertà e solidarietà tra i popoli e di questo Obama ne è fermamente convinto.
Tutto il mondo sta vivendo nella speranza di un futuro migliore in questi primi anni del nuovo millennio che sono stati lacerati da fenomeni deleteri quali le crisi economiche e il terrorismo internazionale.
Se l'Occidente sarà perseverante nell'apertura al dialogo tra popoli, culture i e religioni diverse, forse si aprirà una nuova epoca per il mondo, gli asti e le differenze dovranno essere elementi del passato e non connotare la società che ci sarà dopo di noi.
Auguri di buon lavoro al Presidente Obama.
lunedì 29 ottobre 2012
Come fare per vivere?
L'uomo e l'ambiente che lo circonda: un rapporto difficile che nacque nella notte dei tempi, quando la storia di questo essere intelligente, che avrebbe dominato nel contesto naturale, ebbe inizio.
Le necessità di sopravvivenza nate dai bisogni primari aventi come impulso la continuità della specie portarono l'uomo a modificare continuamente il suo habitat, ai fini del suo sfruttamento; la Terra, con il suo immenso patrimonio di risorse, era un formidabile contenitore di materia, la base di tutto quello che noi abbiamo.
Con la sua evoluzione, l'uomo ha raffinato la propria vita grazie allo sviluppo della tecnica supportata dalle scoperte scientifiche: un viaggio sorprendente che però ha avuto e continua ad avere un prezzo altissimo che l'uomo non riesce a controllare.
Oggi si continua a pagare il pesante prezzo del progresso rendendo precario l'equilibrio uomo-ambiente.
In termini pratici l'uomo continua a sfidare il suo habitat in ragione delle sue necessità e del suo progresso, portando a situazioni contrastanti e, talvolta, paradossali.
Ma come riuscire avere strumenti e mezzi che consentano all'uomo di poter continuare ad esistere?
Tutta la premessa è rivolta verso il grave caso dell'ILVA di Taranto, gigante dell'industria siderurgica italiana, importantissimo motore della nostra economia risorsa preziosissima per le zone dove è ubicata, ma tutto è in grave conflitto con gli insediamenti umani che gravitano attorno ad essa in quanto ritenuta a ragione una bomba ecologica che ha compromesso inesorabilmente l'equilibrio uomo-ambiente.
Il contraddittorio connubio rende assai difficile il trovare soluzioni che possano portare il giusto equilibrio per far proseguire l'esistenza del presidio industriale.
Le necessità ambientali legate al diritto alla salute degli abitanti dell'area si scontra con il diritto al lavoro degli stessi abitanti: chiudere quell'industria significherebbe togliere il pane quotidiano a migliaia di famiglie; ma quali sono le cause che hanno portato a tale situazione?
Le ragioni sono insite nell'assenza di regole ambientali che regnarono all'epoca del boom economico, allora si pensò soltanto alla produzione per soddisfare una crescente richiesta da parte di una società che voleva definitivamente dimenticare le rovine dell'ultima guerra, investitori senza scrupoli fecero delle fabbriche una formidabile fonte di profitto in barba alla salute e alla sicurezza di chi ci lavova; la fame di lavoro soddisfava i fabbisogni di industriali senza scrupoli allettati dai grossi guadagni grazie alla grande produzione derivata dalla formidabile richiesta di materie prime: era l'Italia del boom che non pensava ai suoi figli, che non guardava al futuro. Oggi, purtroppo, noi generazioni arrivate dopo stiamo pagando pesantemente le conseguenze di quegli anni è l'ILVA ne è un esempio: decenni di produzione di acciaio senza investimenti per limitare i danni ambientali stanno rovinando l'uomo con le sue mani, oggi si cercano le responsabilità e i capri espiatori, ma nulla potrà restituire all'uomo ciò lui stesso violentato, deturpato, inquinato.
Ormai è tardi si possono limitare ma non eliminare i danni e in questi periodi di crisi come si fa togliere il lavoro nel dilemma della necessità di tutelare l'ambiente? E' una domanda alla quale nessuno, neanche le istituzioni, sta cercando di dare risposte concrete.
Il contraddittorio connubio rende assai difficile il trovare soluzioni che possano portare il giusto equilibrio per far proseguire l'esistenza del presidio industriale.
Le necessità ambientali legate al diritto alla salute degli abitanti dell'area si scontra con il diritto al lavoro degli stessi abitanti: chiudere quell'industria significherebbe togliere il pane quotidiano a migliaia di famiglie; ma quali sono le cause che hanno portato a tale situazione?
Le ragioni sono insite nell'assenza di regole ambientali che regnarono all'epoca del boom economico, allora si pensò soltanto alla produzione per soddisfare una crescente richiesta da parte di una società che voleva definitivamente dimenticare le rovine dell'ultima guerra, investitori senza scrupoli fecero delle fabbriche una formidabile fonte di profitto in barba alla salute e alla sicurezza di chi ci lavova; la fame di lavoro soddisfava i fabbisogni di industriali senza scrupoli allettati dai grossi guadagni grazie alla grande produzione derivata dalla formidabile richiesta di materie prime: era l'Italia del boom che non pensava ai suoi figli, che non guardava al futuro. Oggi, purtroppo, noi generazioni arrivate dopo stiamo pagando pesantemente le conseguenze di quegli anni è l'ILVA ne è un esempio: decenni di produzione di acciaio senza investimenti per limitare i danni ambientali stanno rovinando l'uomo con le sue mani, oggi si cercano le responsabilità e i capri espiatori, ma nulla potrà restituire all'uomo ciò lui stesso violentato, deturpato, inquinato.
Ormai è tardi si possono limitare ma non eliminare i danni e in questi periodi di crisi come si fa togliere il lavoro nel dilemma della necessità di tutelare l'ambiente? E' una domanda alla quale nessuno, neanche le istituzioni, sta cercando di dare risposte concrete.
mercoledì 10 ottobre 2012
Recessione sociale
A volte vorremmo spegnere questo tempo e addormentarci in un'altra epoca, vorremmo riscoprire noi stessi in un altro luogo, riassaporare un gusto della vita dimenticato, sperando di ritrovare qualcosa che ci manca.
Nel mondo occidentale abbiamo ormai dato per scontato certi valori come la libertà nonostante in altre realtà del mondo questa sia ancora un qualcosa di impossibile; non lontano da noi altri lottano ancora per la libertà combattendo con le mani tiranni che si erano appropriati dell'esistenza altrui.
Esempi recenti sono state le guerre civili della primavera araba, dove milioni di persone hanno preso coscienza ed hanno abbattuto regimi consolidati e ritenuti insovvertibili; in questi giorni e ormai da tempo il popolo siriano sta contrastando anch'esso una tirannia annosa, sangue di innocenti è stato versato, il bisogno di libertà e di pace ha pervaso gli animi, logori da anni di oppressione.
Noi, da occidente, stiamo a guardare e quasi non capiamo, la naturalezza della nostra condizione di uomini e donne liberi, nonostante le nostre crisi e i nostri problemi, ci appare ovvia e scontata.
Questo succede perchè si perdono i sapori della vita e ci nutriamo del futile, scorrendo il nostro tempo a non pensare e guardare passivamente il mondo che ci circonda, non capiamo cosa voglia dire vedere negati i propri diritti e non pensiamo più a chi, in passato, ha dato la propria vita per gli ideali di libertà, quei martiri sono lontani da noi, ma senza il loro sacrificio oggi saremmo anche noi a combattere per conquistare ciò che più ci appartiene.
Stiamo perdendo la memoria del nostro passato, ma l'oblìo è il sale della decadenza, un pericoloso ingrediente che rischia di riportarci da dove siamo partiti.
La vita è composta da sentimenti indispensabili: non sciupiamoli nell'orrido senso dell'ovvio e del relativismo, contribuiamo a ridare colore alla nostra società, torniamo ad essere gelosi di ciò che possediamo, diamo valore a ciò che sembra ovvio in un'apparenza falsa che ci rende cechi e insensibili, è necessario adoperarsi in questo se vorremo evitare una deleteria recessione sociale.
Nel mondo occidentale abbiamo ormai dato per scontato certi valori come la libertà nonostante in altre realtà del mondo questa sia ancora un qualcosa di impossibile; non lontano da noi altri lottano ancora per la libertà combattendo con le mani tiranni che si erano appropriati dell'esistenza altrui.
Esempi recenti sono state le guerre civili della primavera araba, dove milioni di persone hanno preso coscienza ed hanno abbattuto regimi consolidati e ritenuti insovvertibili; in questi giorni e ormai da tempo il popolo siriano sta contrastando anch'esso una tirannia annosa, sangue di innocenti è stato versato, il bisogno di libertà e di pace ha pervaso gli animi, logori da anni di oppressione.
Noi, da occidente, stiamo a guardare e quasi non capiamo, la naturalezza della nostra condizione di uomini e donne liberi, nonostante le nostre crisi e i nostri problemi, ci appare ovvia e scontata.
Questo succede perchè si perdono i sapori della vita e ci nutriamo del futile, scorrendo il nostro tempo a non pensare e guardare passivamente il mondo che ci circonda, non capiamo cosa voglia dire vedere negati i propri diritti e non pensiamo più a chi, in passato, ha dato la propria vita per gli ideali di libertà, quei martiri sono lontani da noi, ma senza il loro sacrificio oggi saremmo anche noi a combattere per conquistare ciò che più ci appartiene.
Stiamo perdendo la memoria del nostro passato, ma l'oblìo è il sale della decadenza, un pericoloso ingrediente che rischia di riportarci da dove siamo partiti.
La vita è composta da sentimenti indispensabili: non sciupiamoli nell'orrido senso dell'ovvio e del relativismo, contribuiamo a ridare colore alla nostra società, torniamo ad essere gelosi di ciò che possediamo, diamo valore a ciò che sembra ovvio in un'apparenza falsa che ci rende cechi e insensibili, è necessario adoperarsi in questo se vorremo evitare una deleteria recessione sociale.
domenica 7 ottobre 2012
Disorientamento
Forse sarò noioso, pedante, ma ritengo sia giusto che certi argomenti continuino ad essere commentati anche dopo le bufere mediatiche perchè la loro gravità è cosi oltre ogni limite che tutti, dico tutti, devono esserne al corrente.
In questo blog ho parlato spesso della cosiddetta questione morale che predomina pesantemente in tutte le vicende politiche e sociali italiane, la rassegnazione in antitesi al bisogno di energia positiva che potrebbe generare il popolo è allarmante, l'assuefazione rispetto a determinati temi è sconvolgente, ci troviamo tutti in un brodo primordiale annaspando tra i flutti, cercando di raggiungere una riva sicura che ci protegga.
Questo clima di girone infernale dantesco, dove i piccoli si sentono schiacciati da mostri ingordi di potere e denaro, permea la nostra vita in un costante senso di profonda sfiducia verso uno Stato sempre più patrigno.
In questo contesto tutti sono disorientati: mentre la mano tesa dell'erario affonda nelle nostre tasche sempre più vuote, turpi personaggi si accaparrano di soldi pubblici a fini personali, proprio loro che dovrebbero salvaguardare il pubblico interesse in favore dei ceti più indifesi.
Tutto fa accrescere lo sconforto e la sfiducia, mentre i partiti navigano confusi e all'estero si deturpa l'immagine dell'Italia: quale esempio viene dato alle nuove generazioni? quali obiettivi vanno raggiunti per stroncare un sistema malato e in agonia?
Il popolo si interroga indignato mentre ha a che fare con disoccupazione, crisi e futuro incerto, furibondo al solo pensiero che amministratori pubblici vivano scapricciandosi e negando l'evidenza del loro malaffare.
Serviranno i moniti del Presidente della Repubblica e i decretoni di Monti? Tutti vorrebbero di si. Tutti vorrebbero una definitiva pulizia e un'aria finalmente nuova in quest'epoca di sacrifici, dove gente onesta si interessasse dei nostri problemi e non ai suoi.
Adesso comincia la campagna elettorale e tutti ci interroghiamo a chi porre la fiducia: un problema serio in questo momento privo di punti di riferimento, ci sentiamo traditi e non sappiamo come reagire.
In questo blog ho parlato spesso della cosiddetta questione morale che predomina pesantemente in tutte le vicende politiche e sociali italiane, la rassegnazione in antitesi al bisogno di energia positiva che potrebbe generare il popolo è allarmante, l'assuefazione rispetto a determinati temi è sconvolgente, ci troviamo tutti in un brodo primordiale annaspando tra i flutti, cercando di raggiungere una riva sicura che ci protegga.
Questo clima di girone infernale dantesco, dove i piccoli si sentono schiacciati da mostri ingordi di potere e denaro, permea la nostra vita in un costante senso di profonda sfiducia verso uno Stato sempre più patrigno.
In questo contesto tutti sono disorientati: mentre la mano tesa dell'erario affonda nelle nostre tasche sempre più vuote, turpi personaggi si accaparrano di soldi pubblici a fini personali, proprio loro che dovrebbero salvaguardare il pubblico interesse in favore dei ceti più indifesi.
Tutto fa accrescere lo sconforto e la sfiducia, mentre i partiti navigano confusi e all'estero si deturpa l'immagine dell'Italia: quale esempio viene dato alle nuove generazioni? quali obiettivi vanno raggiunti per stroncare un sistema malato e in agonia?
Il popolo si interroga indignato mentre ha a che fare con disoccupazione, crisi e futuro incerto, furibondo al solo pensiero che amministratori pubblici vivano scapricciandosi e negando l'evidenza del loro malaffare.
Serviranno i moniti del Presidente della Repubblica e i decretoni di Monti? Tutti vorrebbero di si. Tutti vorrebbero una definitiva pulizia e un'aria finalmente nuova in quest'epoca di sacrifici, dove gente onesta si interessasse dei nostri problemi e non ai suoi.
Adesso comincia la campagna elettorale e tutti ci interroghiamo a chi porre la fiducia: un problema serio in questo momento privo di punti di riferimento, ci sentiamo traditi e non sappiamo come reagire.
domenica 30 settembre 2012
..Estate
E' stata un'estate infuocata, questa, più simile ad un girone infernale dove i dannati, ormai condannati fino al giorno del Giudizio, nuotano espiando la loro condanna.
Il caldo torrido però non ci ha distratto dai nostri problemi, affermando la nostra intenzione di apparire consapevoli di quello che ci succede intorno e di constatare, purtroppo, la nostra più completa impotenza riguardo a determinate questioni.
L'affermazione "siamo alle solite" è sempre alla ribalta nei discorsi, l'argomento verte sempre su chi ci governa e dove stiamo andando.
La politica di risulta che esiste ormai in Italia rischia di impantanare definitivamente tutto: è un timore, un presagio che aleggia nell'aria e che nessuno riesce a mandare via.
1992-2012, quali differenze? Con l'implosione della prima repubblica tutte le carte sembravano state messe allo scoperto e nei balletti giudiziari di irriverenti politicanti traspariva un sistema malato e morente, vent'anni dopo? Siamo alle solite: il sistema è malato e morente, ma è mai guarito? In vent'anni una generazione di politici ha rimpiazzato le vecchie arpie, quelli che vent'anni fa avevano vent'anni hanno trovato pane per i propri denti riuscendo per l'ennesima volta a trarre profitti dalla vita politica alla faccia degli onesti cittadini.
Quali sono le ragioni? La politica dell'Impero Romano e la politica dell'Italia di oggi, distanti tra loro solo dal tempo perchè i Romani di allora sono gli Italiani di adesso, è un discorso genetico e, pertanto, irrimediabile, andate a vedere come vivevano i tribuni Romani......come i politici di oggi!
Buon Autunno.
L'affermazione "siamo alle solite" è sempre alla ribalta nei discorsi, l'argomento verte sempre su chi ci governa e dove stiamo andando.
La politica di risulta che esiste ormai in Italia rischia di impantanare definitivamente tutto: è un timore, un presagio che aleggia nell'aria e che nessuno riesce a mandare via.
1992-2012, quali differenze? Con l'implosione della prima repubblica tutte le carte sembravano state messe allo scoperto e nei balletti giudiziari di irriverenti politicanti traspariva un sistema malato e morente, vent'anni dopo? Siamo alle solite: il sistema è malato e morente, ma è mai guarito? In vent'anni una generazione di politici ha rimpiazzato le vecchie arpie, quelli che vent'anni fa avevano vent'anni hanno trovato pane per i propri denti riuscendo per l'ennesima volta a trarre profitti dalla vita politica alla faccia degli onesti cittadini.
Quali sono le ragioni? La politica dell'Impero Romano e la politica dell'Italia di oggi, distanti tra loro solo dal tempo perchè i Romani di allora sono gli Italiani di adesso, è un discorso genetico e, pertanto, irrimediabile, andate a vedere come vivevano i tribuni Romani......come i politici di oggi!
Buon Autunno.
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